Dall'USI a Oxford

Ilaria Piatti
Ilaria Piatti

Servizio comunicazione istituzionale

1 Dicembre 2016

Dopo Bachelor, Master e dottorato all’USI, Ilaria Piatti, classe 1983, ha salutato il Ticino dove è nata e cresciuta per volare all’Università di Oxford. Ad attenderla, una posizione di professore assistente in finanza.

 

Ilaria, dall’USI a Oxford è un cammino da “sensazioni forti”. Ricevuta la notizia, cosa hai pensato?

Uno dei primi pensieri è stato che dovrò insegnare in inglese in Inghilterra, per di più a Oxford, e che quindi è una fortuna occuparsi di finanza e non di letteratura! Scherzi a parte, è una responsabilità importante, ma anche una bella soddisfazione. Penso in ogni caso di non aver compiuto un’impresa “inimmaginabile”, perché nell’ambito della ricerca in finanza la reputazione internazionale dell’USI è cresciuta.

L’Istituto di finanza fa ricerca di livello, i suoi professori pubblicano su riviste importanti e offrono a studenti e dottorandi un’ottima preparazione, per cui inoltrare una candidatura dall’USI significa contare su un “capitale” di partenza di qualità.

 

Un “capitale” per il curioso sistema che avvia alla carriera accademica in finanza.

Sì, è curioso perché non fai domanda a un’università di tua scelta, ma parti senza meta “offrendoti” su un “mercato” globale con tutti gli atenei di un certo rango. Prima ti candidi alle varie posizioni aperte con una ricerca originale; poi affronti i colloqui, concentrati in una “fiera” di tre giorni negli Stati Uniti.

Se sei piaciuto, sei invitato a un “fly out”, una visita in sede. Se superi anche questo scoglio, arriva l’offerta. Ho mandato un’ottantina di candidature, ne sono nati circa 20 colloqui, 8 “fly out” e 5 offerte, tra cui Oxford, con il suo universo molto “british” e il suo prestigio secolare che mi hanno subito affascinata.

 

Sappiamo che ami la montagna: non ti mancheranno le nostre vette?

Certo, ma in fondo mi piace lo sport più in generale. Gioco anche a basket e calcetto e a Oxford potrei darmi al canottaggio (sorride).

 

La Gran Bretagna, peraltro, sarà in parte un ritorno.

Sì, grazie a una borsa del Fondo nazionale svizzero per un anno all’estero ho svolto parte del mio dottorato alla London School of Economics, dove ho ritrovato Andrea Vedolin, dottorata USI ora lì come assistant professor.

 

Quali ricerche hanno convinto Oxford, una delle migliori università al mondo, a “investire” su di te?

Faccio ricerca nell’ambito dell’asset pricing. Con qualche semplificazione, si tratta di capire la dinamica dei prezzi dei titoli. Cerco di elaborare nuovi modelli matematici per spiegare quello che si osserva a livello empirico, lavorando in particolare sulle divergenze di opinione tra investitori riguardo alla probabilità di un “trauma” sistemico sui mercati e sui riflessi di queste divergenze sui rendimenti dei titoli. 

 

Che cosa ti appassiona di più in quello che fai?

Ho sempre amato la matematica, il risolvere problemi con il ragionamento. Avevo pensato di studiare matematica “pura”, ma ho già due fratelli laureati in questa disciplina all’ETH Zürich e allora ho scelto una strada che potesse differenziarmi e in cui il calcolo avesse applicazioni empiriche.

 

Così hai iniziato economia all’USI e poi hai scoperto la finanza quantitativa.

Sì, e devo ringraziare in particolare il prof. Fabio Trojani, incontrato già al Bachelor.

Anche per frequentare i suoi corsi ho scelto poi il Master in Finance, un programma “tosto” e unico in Svizzera per il suo focus quantitativo.

E sempre per lavorare con il prof. Trojani, che allora si divideva tra Lugano e San Gallo, avevo iniziato il dottorato oltralpe. Quando lui si è spostato definitivamente all’USI, io e gli altri suoi dottorandi lo abbiamo seguito. Penso sia stata una fortuna, perché all’USI c’è un ambiente unico. È facile entrare in dialogo con i professori, si stringono legami personali con colleghi provenienti da diverse parti del mondo e questo aiuta anche la ricerca. Un giorno mi piacerebbe tornare. Ma ora partiamo con Oxford, che sarà già una bella sfida!