Quando crollerà il soffitto di cristallo

0e7354cdf5f01ec3d357267bbf9f2ea4.jpg

Servizio comunicazione istituzionale

16 Marzo 2022

Qualche mese fa festeggiavamo i cinquant’anni del diritto di voto alle donne, una data storica per la nostra nazione, eppure, mezzo secolo dopo, ci ritroviamo a pensare a quali sono i traguardi raggiunti e quali, invece, gli ostacoli che ancora dobbiamo superare. Abbiamo deciso, a questo proposito, di intervistare Federica De Rossa, professoressa straordinaria di Diritto dell’economia nella Facoltà di scienze economiche, direttrice dell'Istituto di diritto dell'USI e Giudice supplente del Tribunale federale.

 

Professoressa, a che punto siamo con la parità e la rappresentanza delle donne nella società moderna?

Dei passi verso una parità effettiva sono certamente stati fatti in questi anni, ad esempio per quanto riguarda la rappresentanza delle donne nelle istituzioni politiche (si pensi che in occasione delle ultime elezioni federali, la percentuale di donne in Consiglio nazionale è passata dal 32% al 42% e che in Consiglio federale abbiamo tre ministre su sette), ma a livello globale, considerando tutti i settori della società, i miglioramenti sono evidentemente ancora troppo lenti: una recente analisi condotta dal WEF sul miglioramento della condizione delle donne in ambito sanitario, educativo, lavorativo e politico in 153 Paesi ha calcolato che, di questo passo, le ineguaglianze saranno colmate solo fra 100 anni. Qualcosa di molto positivo però, a mio avviso, sta accadendo: in questi anni è aumentata notevolmente la consapevolezza che la parità non tocca solo le donne, ma è un tema di società, che riguarda il benessere sociale ed economico di un Paese. Io credo che la consapevolezza, sia individuale che collettiva, sia la chiave del cambiamento perché ci dota di una lente attraverso la quale osservare con sguardo attento e critico le dinamiche che ci circondano nella quotidianità e ci aiuta ad identificare tutta una serie di pregiudizi inconsci e di costrutti sociali superati, che occorre ora eradicare con determinazione. 

 

Lei è professoressa, ma sappiamo che non sono molte le donne a ricoprire ruoli prestigiosi o cariche importanti nella società. Pensiamo, per esempio, all’ambito culturale, accademico o, più in generale, lavorativo … Cosa pensa di questa situazione? In che modo è possibile risolverla?

Il cosiddetto “soffitto di cristallo” è ancora molto resistente, in particolare in Svizzera: si pensi che, secondo un recente rapporto di Equileap, il nostro Paese è tra i tre Stati in cui le barriere sociali, culturali e psicologiche apparentemente invisibili ma che impediscono alle donne di accedere a posizioni dirigenziali sono ancora molto elevate. Insomma, le donne nelle Università e nella forza lavoro non mancano, ma non riescono a raggiungere posizioni di responsabilità. È vero che la situazione globale media è leggermente migliorata negli ultimi anni, ma l’equilibrio di genere, ad esempio in azienda, è ancora raro: sempre secondo Equileap, su quasi 4'000 società quotate in borsa in 23 Stati con economie avanzate, solo 18 aziende raggiungono il 40-60% di donne a tutti i livelli (CdA, management e tra i dipendenti). Questo, oggi, non è più accettabile ed occorre un’azione coordinata su più fronti: gli attori pubblici e privati sono chiamati a fornire il loro contributo volontario ma, d’altro canto, occorrono interventi incisivi e strutturali sul piano legislativo. Il diritto, infatti, ha anche una funzione strutturante e propulsiva ed a questo punto io credo che sia il legislatore a dover accelerare questo cambiamento paradigmatico della società.

 

E cosa pensa delle quote di genere? Lei è a favore di iniziative di questo genere? Perché?

Io sono a favore delle quote e di altre misure positive, ove necessario vincolanti, per raggiungere la parità effettiva, e ciò per due ragioni: una molto pratica e l’altra giuridica. La prima è che i Paesi che hanno introdotto misure vincolanti quali quote di genere, obblighi di trasparenza e di analisi salariale, congedi paterni o parentali, o altre misure di conciliabilità coraggiose, oggi sono vicini ad una parità effettiva; invece, quelli (come la Svizzera) che scelgono un approccio più morbido, con spinte gentili e misure alibi che si rivelano spesso inefficaci, sono ancora lontani dall’obiettivo. E qui arriviamo alla seconda ragione: la nostra Costituzione chiede al legislatore di adottare misure atte ad assicurare l’uguaglianza di diritto e di fatto in tutti gli ambiti della società (ad es. famiglia, istruzione e lavoro). D’altro lato, la Svizzera ha ratificato da anni la Convenzione dell’ONU per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna che chiede agli Stati di adottare ogni tipo di misura temporanea o definitiva necessaria per abolire le discriminazioni esistenti e per abbattere gli stereotipi ancora radicati nella società. Essa stabilisce espressamente che queste misure positive non possono in alcun modo essere considerate discriminatorie, fintantoché i privilegi di cui hanno goduto fino ad ora gli uomini non saranno aboliti e le donne non beneficeranno di medesime condizioni di partenza. La Svizzera è stata a più riprese “bacchettata” dagli organi internazionali per il ritardo con cui sta attuando gli impegni presi, ma continua a mostrarsi reticente verso qualsivoglia misura positiva volta a favorire la presenza femminile nella sfera pubblica ed economica, poiché la considera fondamentalmente, ma a mio avviso ingiustamente, discriminatoria verso gli uomini. 

 

Quali sono le nuove sfide che le donne dovranno affrontare?

Io penso innanzitutto che le sfide future vadano affrontate dalla società e non dalle donne da sole… e credo che ciò che si può e si deve fare per il futuro sia stato ben rappresentato dall’enorme lavoro di riflessione e propositivo attuato dalle 246 donne che hanno occupato le poltrone del Parlamento federale durante la sessione straordinaria delle donne 2021: ne sono scaturite 23 petizioni che coprono tutti gli ambiti della società e che verranno esaminate prossimamente dal Parlamento federale, il quale valuterà se e come darvi seguito.

 

Quali sono gli scenari che lei si augura di vedere in futuro, per quanto riguarda le donne?

Margareth Thatcher ha affermato che “la vera parità dei sessi si raggiungerà quando una donna stupida prenderà il posto di un uomo stupido senza che nessuno se ne accorga”. Battute a parte, io mi auguro una società in cui la donna non si senta perennemente nella condizione di dover dimostrare più dell’uomo per occupare una determinata posizione o per comportarsi in un determinato modo: una società in cui la donna (e più in generale ogni persona, a prescindere dal suo genere) possa scegliere la propria strada senza essere condizionata da stereotipi inconsci, modelli sociali preconfezionati e soffitti di cristallo.