Mercati in tempo di guerra

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Servizio comunicazione istituzionale

1 Luglio 2022

Per cercare di comprendere come si stanno comportando le banche centrali relativamente all’inflazione e quale sia l’impatto del conflitto in Ucraina sui mercati finanziari, vi proponiamo un'intervista ad Antonio Mele, Professore ordinario di Finanza presso la Facoltà di scienze economiche dell'USI.

Da molti mesi ormai i mercati globali sono entrati in una fase di riprezzamento, in concomitanza di molteplici circostanze. Le valutazioni azionarie negli Stati Uniti apparivano molto sostenute ancor prima dell’esplosione della pandemia. Le politiche fiscali e monetarie approntate in reazione all’emergenza pandemica hanno contribuito a sostenere i mercati, ma l’inflazione che ha accompagnato il processo di ripresa ha costretto la Fed (la Banca Centrale degli Stati Uniti) a rivedere la sua politica monetaria al fine di ancorare le aspettative di futura inflazione a livelli quanto più accettabili possibile. I mercati hanno reagito in modo relativamente scomposto in questi ultimi mesi, ma ritengo che la loro reazione sarebbe stata ancora più rovinosa qualora la Fed non si fosse dimostrata così risoluta nel tentare di dare una risposta all’inflazione. Il conflitto in Ucraina ha fatto emergere ulteriori criticità e i mercati ora scontano un ulteriore premio dovuto al materializzarsi di rischi geopolitici. Questo premio era ovviamente praticamente inesistente prima del conflitto. È impossibile prevedere per quanto tempo i mercati sconteranno un tale premio. Il contributo del conflitto agli sviluppi dei mercati è tuttavia pressocché limitato ai soli rischi geopolitici.

 

Quanto tempo ci impiegano i mercati per riprendersi da uno “shock”?

Esistono shock di natura esterna e shock di natura interna. Un esempio di shock di natura esterna è un improvviso raffreddamento dell’attività economica, come quello avvenuto durante la primavera del 2020 in concomitanza con l’esplosione della pandemia. Se la pandemia non avesse comportato strozzature nella catena globale del valore, l’economia mondiale avrebbe reagito relativamente rapidamente a questo shock, proprio perché essa stessa non appariva manifestare particolari criticità prima del verificarsi dello shock pandemico. Uno shock di natura interna è invece riconducibile all’incepparsi dei meccanismi di funzionamento dei mercati reali e finanziari e trae quasi invariabilmente origine da problemi inerenti al funzionamento dei mercati del credito o addirittura da una crisi finanziaria. Uno shock del genere è in grado di trascinarsi per anni e a volte per decenni. Fortunatamente, l’economia mondiale non è stata ancora interessata da shock di natura interna.

 

Cosa potrebbe succedere dal punto di vista economico all’Unione Europea?

L’UE dovrà essere in grado di coordinare i problemi inerenti al grave debito pubblico che alcuni dei suoi Stati membri stanno per affrontare. Il debito pubblico cresce e la ripresa non appare vicina. Per quanto tempo i mercati potranno sostenere il debito pubblico di Stati membri con rapporti debito / PIL superiori al 100% o al 120%? Si tratta a mio avviso della sfida più importante. Purtroppo, non ritengo che l’Europa abbia inizato a intraprendere il necessario confronto politico finalizzato alla definizione di nuovi contorni risolutivi di questi grandi problemi, che invece affioreranno con ogni probabilità entro meno di un anno o due. Un tale confronto è importante oggi così come lo sarebbe stato durante la crisi del debito europeo che aveva colpito più di dieci anni fa.

 

 

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